Fiducia, segreto professionale e diritto alla privacy: se il medico vuol sapere di più.

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Il più grande errore nel trattamento delle malattie è che ci sono medici per il corpo e medici per l’anima, anche se le due cose non dovrebbero essere separate.
(Platone)

Che al proprio medico debba dirsi tutto senza timore di essere giudicati, è cosa assodata.

Che tutto quello che si racconta al medico rimane al sicuro come in cassaforte, è altrettanto pacifico. D’altronde non dire tutto al medico (nascondere di fumare, di far uso di alcol, ecc…) può compromettere l’efficacia della cura. È come prendersi in giro da soli. E il medico a tutela del paziente, ma anche della professione, non può mai venir meno al segreto professionale.

Il medico che sorprende

Ma se è il medico a porre qualche domanda inaspettata del tipo: “Come va tra le lenzuola?” oppure “Come mai tanti chili in più?”, quale reazione ha il paziente? Fiducia sì, segreto anche. Ma la privacy? Quanti medici pensano di essere intrusivi se invadono con domande specifiche la sfera alimentare e sessuale dei propri pazienti? Certamente può non essere piacevole sentirsi definire obeso dal proprio medico quando nelle abbuffate si stanno riversando complesse problematiche psicologiche, né può risultare accettabile raccontare di difficoltà erettive quando si è richiesto un rimedio per l’influenza.

Se la medicina deve abbandonare il tradizionale ruolo d’attesa ed assumere iniziativa, cioè andare incontro ai bisogni anche inespressi del paziente, bisognerà in qualche modo abbandonare questi schemi. La salute non è settoriale, è uno stato di benessere olistico. Seppellire, in nome di tabù, vergogna o rispettabile riservatezza, certi disagi o disturbi, non consente uno stato di piena salute perché riduce, vanifica o compromette non solo la cura, ma anche ogni possibile prevenzione impedendo di valutare importanti sintomi predittivi.

La Federazione Italiana dei Medici di Medicina Generale (FIMMG), mesi orsono, ha deciso di introdurre nelle anamnesi ambulatoriali domande legate ai disturbi sessuali. Le linee guida internazionali1, parallelamente, suggeriscono ai medici di base di assumere l’iniziativa per pazienti obesi che non ne facciano richiesta spontanea.

Basterà un questionario per indagare aree così delicate?

Sicuramente, se è al benessere e non solo all’assenza di malattia che lo sforzo è teso, in base ai canoni della Word Health Organization2, non basterà arricchire l’anamnesi classica di qualche item. Occorrerà lavorare per la compliance, sviluppare empatia, forse anche modificare il setting, comunque formarsi per un approccio adeguato.

Con qualche sforzo in più, ma con gli obiettivi, e i risultati, oggi richiesti alla professione medica.


 

  1. Screening and brief intervention for obesity in primary care: a parallel, two-arm, randomised trial
    Author: prof. Paul Aveyard, Amanda Lewis, Sarah Tearne, Kathryn Hood, Anna Christian-Brown, Peymane Adab, Rachna Begh, Kate Jolly, Amanda Daley, Amanda Farley, Deborah Lycett, Alecia Nickless, Ly-Mee Yu, Lise Retat, Laura Webber, Laura Pimpin, Susan A Jebb.
    Source: The Lancet, Volume 388, No. 10059, p2492–2500
  2. Waist circumference is superior to weight and BMI in predicting sexual symptoms, voiding symptoms and psychosomatic symptoms in men with hypogonadism and erectile dysfunction.
    Yassin AA, Nettleship JE, Salman M, Almehmadi Y.
    Andrologia. 2016 Jul 12. doi: 10.1111/and.12634. (Epub ahead of print)
    PMID: 27400881

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